La tensione fra i 120 nel bunker sale. E sale nella misura in cui il Tenente Colonnello Petrov, invece di alzare la cornetta per informare il Cremlino che il contrattacco è già partito, traccheggia. Dieci minuti separano i missili dai confini nazionali. L’unico superiore che potrebbe venire in aiuto alla decisione da prendere è il ministro della Guerra. Ma il compagno ministro è a cena fuori, e quando si prova a rintracciarlo non può rispondere, perché ha alzato il gomito alla maniera russa e quella notte è fuorigioco. Non esistono scappatoie dall’hic et nunc, ineluttabile “qui ed ora” con cui è messo alla prova l’eroe di cui parlava Ernst Jünger, il ribelle. L’uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere cosa sia giusto non gli servono teorie, né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Al solo Stanislav Evgrafovic Petrov spetterà decidere per le sorti di un popolo, del nemico, e di ogni forma di vita terrestre, perché sarà Terza Guerra Mondiale. Lo stress che accompagna un momento del genere è tale che le gambe di Petrov, impreparate a reggere la fatica di Atlante, non sono più in grado di tenerlo in piedi e i suoi sottoposti devono sostenerlo. Se da un lato un militare come lui potrebbe obbiettare che 5 testate – seppure ciascuna 250 volte superiore alla singola bomba su Hiroshima – siano poche per far terra bruciata dell’Urss, non è da escludere si tratti di strategia diversiva per evitare un immediato contrattacco, colpendo poi con una seconda massiccia ondata missilistica. Possibile invece che OKO si sbagli?
Ogni ipotesi prende forma nella testa di Petrov. Così Stanislav, dopo aver severamente ponderato, comunica al personale nel bunker di ignorare l’allarme. Gli Stati Uniti non ci stanno attaccando – dice dall’interfono – il computer è in errore. E la sua scelta è vincente. Facile allora immaginarsi il tripudio con cui l’intero bunker portò in trionfo il Tenente Colonnello non appena dai monitor scomparve la minaccia di quel poker di testate atomiche. Facile anche credere ciò che la leggenda a questo punto tramanda, ossia che il Petrov si scolò in un sorso la prima bottiglia di vodka che gli misero sotto mano, e che poi dormì per le ventotto ore consecutive. Più difficile da figurarsi è il trattamento che i vertici del partito gli avrebbero riservato. Nonostante gli scienziati sovietici valutarono che a scatenare il falso allarme fosse stata un’irripetibile congiunzione astronomica fra sole, terra, sistema satellitare OKO ed equinozio d’autunno, Petrov fu sollevato dalla direzione del Centro di Allerta Precoce e mandato in pensionamento anticipato. Stanislav Evgrafovic Petrov pagò per aver disobbedito al protocollo militare che richiedeva il contrattacco, mettendo in dubbio, seppure con ragione, l’infallibilità della tecnologia sovietica. Ma, soprattutto, per aver deciso con il cuore e con la mente di uomo libero anziché col cieco automatismo di regime.
Solo uno, ma al momento giusto Dei fatti di quella notte, fino a qualche tempo fa, nessuno sapeva nulla. Petrov non ne aveva fatto parola ad alcuno. Il suo nome e la sua storia saltarono fuori con la pubblicazione delle memorie di un ex ufficiale all’indomani del collasso delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Da lì, per Stanislav Evgrafovic Petrov, fu un susseguirsi d’interviste, riconoscimenti, onorificenze. Nel 2004 gli viene conferito il Premio Cittadino del mondo. Nel 2006 è premiato all’Onu di New York, dove tiene (controvoglia) un discorso. Nel 2011 riceve il premio German Media Award. Nel 2013 il Dresda Preis. Nel 2014 il regista Peter Anthony lo segue telecamera a mano nel bel film-documentario The Man Who Saved The World. L’uomo che ha salvato il mondo è passato a miglior vita nel 2017, lasciando un bilocale di periferia con le bottiglie scolate sul pavimento e le icone ortodosse alle pareti, il ricavato dei premi tutto elargito ai membri della sua famiglia. Indifferente a quelle luci della ribalta che hanno stregato le nostre altezzose viro star. “Ero solo uno al momento giusto nel posto giusto”, soleva dire.
cit. https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/fine-mondo-petrov-salvo-apocalisse-223688/